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to, come l'uomo ne pigliasse, se non fosse se non una candella (1047). Conciosia cosa ch'ella (1048) sia così grande com'ella è, e non però, se la terra non sospirasse giamai acqua in mare, e li fiumi e le fontane che di lui escono non vi ritornassono, mai non parrebe che lo mare fosse menomato una candella, tanto è alto e lungo e largo.
(1044) Manca _e si_ al C. L. — Abb. supp. col. C. R. 2.
(1045) Menomano. C. R. 2.
(1046) Mais la terre suspire l'aigue de pleue. C. F. R.
(1047) goute. C. F. R.
(1048) Intendi: sebbene il mare.
Cap. CCLIII.
_Lo re domanda: femina che spesso si corronpe di sua orina dormendo, e nolla può ritenere, può ella ingravidare, e l'uomo ingenerare? Sidrac risponde:_
Due maniere sono di corrompimento d'orina: l'una maniera gli viene ispesso, e l'altra gli viene tardi (1049). Quella che gli viene ispesso, si può bene ingravidare, e l'uomo simigliantemente ingenerare. Che la madre della femina, ove lo spermo dell'uomo cade, si è dalla lunga dalla vescica, ove l'orina si raguna, che la madre si tiene alle reni e la vescica al pettignone. E però l'uomo e la femina, che ispesso si corronpa di loro orina, ciò non aviene mica loro di fraleza di loro vescica; anzi aviene per aventura perchè la vescica è un poco usata (1050) più dall'una parte che dall'altra; e quando ella è piena d'orina, si la getta fuori per virtù ond'ell'àe usata (1051). Quella femina può bene ingrossare, e quello uomo medesimo bene ingenerare; che ciò non aviene mica delle fralezze delle loro reni. Ma femmina e uomo che si corronpono tardi della loro orina, cotale femina non può (1052) ingravidare nè cotale uomo ingienerare; chè ciò loro aviene della fraleza delle loro reni; chè le reni sostengono tutto il fascio ch'è dentro dal corpo (1053); e quando sono a fredità (1054), o fanno una grande forza, o scaricano uno grande carico, le reni della loro fraleza l'asaliscono, e vengono sopra la loro vescica, e bagnano per forza, e versano l'orina (1055). E s'egli avenisse che cotale femina ingravidasse, apena cotale figliuolo potrebe bene avenire (1056); chè, quando egli diventa grande, le reni non possono sostenere lo carico nè il suo peso; e per la loro fraleza gli conviene che egli lo getti fuori. E simigliantemente lo spermo di quello cotale uomo, perciò che ella (1057) serà uscita di fredo sostenimento, e perciò non potrà venire a conpimento, chè lo spermo si è frale e molle, che apena si potrà pigliare.
(1049) tart. C. F. R., che significa _difficilmente_, _raramente_.
(1050) Anche il C. R. 2. ha: usata. — Nel C. F. R.: vercee (versé) da _verser_, che potrebbe intendersi per _risiedere_, _esser posto_. È noto che questo vb. fu usato in un tale significato da Rabelais. Cf. _Barré_, _Gloss. de Rabelais_. — Vedi la nota seguente.
(1051) La lez. del C. R. 2. è uguale alla nostra. — Nel C. F. R. leggesi: car chant ele est plaine de orine, si la zete de hors, par la verteure dont elle vertee. — E nel T. F. P: car quant elle est plaine de l'urine, l'urine chiet dehors, par ce quelle penche ung peu d'ung couste. — Mi par chiaro che _verteure_ sia parola fatta dal vb. _vertir_ (tourner); e l'averla in ital. trad. per _virtù_, è errore che facilmente si spiega. — Forse, in luogo di _vercee_, che abbiamo trovato già nel C. F. R., è da leggere _vertee_.
(1052) Manca _non può_ al C. L. — Abb. suppl. col C. R. 2.
(1053) soustiennent tout ce que dedans le corps est. T. F. P.
(1054) _Fredità_, per _freddezza_, ha pure il C. R. 2. — Nel T. F. P.: quant le froit les prend. — Al C. F. R. manca tutto questo tratto del presente cap.
(1055) Nel T. F. P.: ilz se laschent et se amollient, et la vessie qui est dedans par droicte force verse l'urnine.
(1056) a bene venire C. R. 2.
(1057) La _semence_.
Cap. CCLIIII.
_Lo re domanda: cui dee l'uomo più amare, o i figliuoli del fratello o quegli della sirocchia? Sidrac risponde:_
L'uomo de' amare l'uno e l'altro, secondo Idio, e secondo le loro opere. Ma secondo lo mondo, più gli tocca lo figliuolo del fratello, che quello della sirocchia, chè la criatura è più dell'uomo che della femina. Chè il primo uomo Adamo non fu di femina nè d'uomo, se non di terra, per lo comandamento di Dio; e la schiatta disciende dall'uomo al ventre della femina; per la volontà di Dio si forma; e lo figliuolo dell'uomo e della femina più apartiene all'uomo, ond'egli escie. Simigliantemente come d'una pianta d'uno albore, che le pianta è lo padre, e la terra è la madre che la guarda e che la nodriscie; nè sanza l'uno nè sanza l'altro non può essere; ma più à nome dell'albore, onde egli è stato, che della terra. Perciò dee l'uomo più amare lo figliuolo del fratello, che quello della sirocchia, perchè appartiene più all'uomo (1058).
(1058) È assai curioso questo che aggiunge il C. F. R.: Et segont la certainete dou monde, l'om est plus certain de l'enfant de sa seur che de celui de son frer; car la seur a bien sentu l'enfant en son ventre, et fu bien certain de lui. Et il meismes a bien veu sa seur groce. Et de celui de son frere ne puet il pas estre certain, che cil enfans de sa fame soit sien, ne son frere chi soit ses nevous; car ausi bien puet elle estre grosse d'autre home, com son frere.
Cap. CCLV.
_Lo re domanda: qua' sono le pericolose collere del corpo? Sidrac risponde:_
Quattro maniere di collere sono al corpo, di quattro conparazioni: primieramente sangue, secondo collere, terzo flemme bianche, quarto collere gialle. E se l'una delle quattro fallisse al corpo, lo corpo non si sosterrebbe; chè altrettanto di sostentamento à 'l corpo dell'uno come dell'altro; e ciascuna dee essere alla sua ragione. Se l'una di loro sormonta l'altra, dannegiare potrebbe il corpo. E tutte e IIII sono pericolose: che, se lo sangue sormonta gli altri, egli può ispegnere lo corpo, e fallo morire, alla sua casa, diritto al cuore (1059); e si gli toglie lo fiato e lo sospiro e l'alenare, e in tale maniera lo spegne e l'uccide. Le collere nere sono pericolose; chè s'elle sormontano l'altre, elle potrebono dannegiare lo corpo per molte maniere; ch'elle possono fare cadere lo corpo in malvagia infermità (1060), e perdere lo senno e lo savere, e diventare rognoso e lebroso; e si lo fa diventare fello ad ria maniera (1061). E quando elle sormontano l'altre, elle sono molto gravi a rabonacciare e medicare per erbe e per fiori e per digiunare e per beveraggi. Le flemme sono pericolose, quand'elle sormontano l'altre flemme del corpo, perch'elle li mangiano malamente; ch'elle signoregiano in malvagie malizie fredde, e si mangiano i piedi e le mani e i capelli e le reni e le ganbe e i diti, e fanno putire la bocca e gli orecchi e 'l naso, e fanno molte altre malizie assai. Abonacciano per erbe e per fiori e per beveraggi e per vomicare. Le collere gialle sono molto pericolose, quand'elle sormontano l'altre collere al corpo. Elle cercano il cuore, e fanno travagliare, e fanno diventare li menbri frali e molli, e tolgono la volontà al corpo, del bere e del mangiare; e si li cambia il colore, e si lo fa diventare vocolo (1062). E s'abonacciano con erbe e con fiori e con vomicare. Queste quattro maniere d'omori sono di IIII comparazioni, e si signoregiano il corpo, l'anno, quattro volte ciascuno. L'anno si è XII mesi, cioè a sapere LI settimane e IIII giorni, cioè CCCLXV giorni e VI ore. La prima istagione dell'anno, che signoreggiano il corpo, si sono tre mesi; e sì si noma capricorno e acquario e piscies. Questi sono tre segni, che ànno podere delle flemme al corpo, e si sono freddi; e cominciano a' XXIIII giorni di dicembre, e durano insino a' XXIIII giorni di marzo, e sono inverno. La seconda parte dell'anno, tre mesi, si sono questi segni aries, tauro, giemini; e si ànno podere nel corpo della gente, che sono caldi e umidi; e cominciano a' XXIIII giorni di marzo, insino a' XXIIII giorni di giugno. La terza ìstagione dell'anno si sono tre mesi, e si sono in questi segni, cancer, leo, virgo; e si ànno podere nel corpo della gente, e sono caldi e secchi, e si cominciano a' XXIIII giorni di giugno, insino a' XXIIII giorni di settembre. La quarta parte dell'anno si sono tre mesi, e ànno questi segni, libra, scorpio, sagittaro; e si sono freddi e secchi, e cominciano a' XXIIII giorni di settembre insino a' XXIIII giorni di dicenbre. E la natura di queste stagioni ciascuno uomo si può guardare di malizie e di contrarii, di vestimenti e d'altre cose contrarie; e s'egli lo fanno, egli non avranno mai infermitade al corpo.
(1059) à sa maison, droit sur le cuer C. F. R. — Probabilmente è un errore del testo francese, passato nel testo italiano. Potrebbe supporsi che, invece di _a sa maison_, avesse da leggersi _car s'amasse_; cioè, il sangue lo fa morire, _perchè si raduna_ diritto sul cuore.
(1060) le cors faire cheir de mauvais mal. C. F. R.
(1061) di ria maniera. C. R.
(1062) et si li font perdre la viste C. F. R. — _Vocolo_ per _avocolo_.
Cap. CCLVI.
_Lo re domanda: quale è la migliore carne che sia al corpo? Sidrac risponde:_
La migliore carne si è quella che à magiore sustanzia di forza in sè, ch'è la più forte, e dà magiore forza al corpo dell'uomo, ed a l'uomo sano che àe buono istomaco. La carne del bue e della buffola è più sana, che niun'altra carne; chè queste carni ànno grande sustanzia in loro, e rendono grande forza a uomo infermo. La carne del montone è più sana, per la tenerezza ch'è in lei, nello stomaco frale (1063). La carne della polastra è più sana che altra carne, per la tenereza ch'è in lei, per la fraleza ch'è nello stomaco dello amalato; e se non fosse per questa cagione, l'uomo darebbe a l'amalato pur carne di bue o di bufola, che l'ànno grande forza e grande sustanzia in loro. Ma per la infermità e per la fraleza dello stomaco del malato, l'uomo gli dona la tenera carne.
(1063) allo stomaco d'uomo fraile C. R. 2.
Cap. CCLVII.
_Lo re domanda: perchè la notte, quando l'uomo cena la mattina à fame, e s'egli non cena si è satollo? Sidrac risponde:_
E ciò aviene per gli omo